Una giornata stupenda

“Raccontate della vostra nascita”.
Visto che la mia non la ricordo, parlerò di un’altra, che conosco bene.

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Andrea era stanco di quel neon tremolante che gli rendeva faticoso guardarsi attorno. Non che l’ambiente invogliasse molto, in fondo si trattava di un corridoio azzurrino sbiadito, con una fila di sedie in plastica su ogni lato e una porta a doppio battente, chiusa.
Ma forse era solo la stanchezza che lo rendeva intollerante.  Non la spossatezza fisica ma quella mentale, provocata da una situazione che stava trasformando quello che doveva essere uno dei giorni più belli in un fardello pesante.
Decise di alzarsi, per l’ennesima volta, da quelle sedute di cui ormai aveva l’impronta addosso. Il suo sguardo era sempre fisso su quell’accesso a lui precluso.
Nessuno lo aveva più aperto da ore, per lui.
Certo qualcuno era entrato o uscito, ma mai per lui. Per Andrea non c’erano notizie.
“Cosa sta succedendo? Come stai tata? Perché nessuno mi dice niente?”. Nella sua testa sempre gli stessi pensieri.

Doveva solo essere un controllo di routine. Dovevano solo capire perché quegli ultimi nove mesi si stavano allungando per arrivare al loro naturale epilogo.
Anche la giornata sembrava promettente.
Il sole inondava di tepore quella mattina di fine settembre, il 30 per la precisione. Una di quelle giornate autunnali che ti auguri non ti lasci mai.
Un giorno intero per loro due. Niente lavoro quel lunedì. Solo il controllo e poi libertà di stare insieme.
Doveva essere una giornata stupenda.
Erano entrati stringendosi la mano, si erano recati alla stanza indicata e, giunti lì, lei si era stesa sul lettino mentre una giovane praticante le applicava delle sonde sul corpo.
Dopo poco era arrivata la dottoressa che osservava il monitor e inarcava un sopracciglio. Lei non la poteva vedere ma Andrea si, e non gli piaceva. Vedeva quella signora dal volto austero e lo sguardo incerto, ricontrollare i dati, premere dei pulsanti e inarcare il sopracciglio.
A loro la donna provava a sorridere, ad apparire tranquilla, ma Andrea aveva intuito che qualcosa la turbava.
“Mi spiace signora” disse infine la dottoressa,“deve rimanere qui. I suoi parametri non vanno bene”.
Dopo aver iniettato un qualcosa nel braccio di lei, li accomodarono in una stanza con un solo letto.
Loro si rincuorarono, per farsi coraggio, per cercare di credere che la situazione si sarebbe risolta in bene.
Erano le 10 del mattino.
Poco dopo pranzo li spostarono in un’altra stanza.
Gli spiegarono che era il luogo in cui lei sarebbe stata nei giorni seguenti.
Ad ora di pranzo portarono loro da mangiare, come a tutti gli altri nelle stanze vicine.
Giunsero le prime ore del pomeriggio e fu l’ultima volta che la vide prima che degli inservienti la portassero via.
“Dobbiamo procedere, l’intervento non si può rimandare”.
Un senso di smarrimento gli stringeva lo stomaco mentre la vedeva andarsene sulla sedia a rotelle.
Il cigolio dei passi sul pavimento in resina lo distolse dai suoi pensieri.
Andrea adesso guardava attraverso la strana vetrata appena oltre il corridoio.
“Che senso avrà vedere le scale interne di un palazzo e non il cortile? Costringere la luce del sole a infiniti giri per arrivare sino in basso?
Che senso ha tutto questo? Noi sognavamo di viverli insieme questi attimi, esattamente come abbiamo condiviso tutti i precedenti”.

Erano le cinque del pomeriggio.
Era ormai sera, quando, finalmente, una assistente si avvicinò a lui, seduto nuovamente sulle scomode sedie in plastica, destandolo da un dormiveglia abulico.
“Il signor Andrea?”
Non rispose subito.
“E’ andato tutto bene. Ancora alcuni minuti e potrà vederli”.
Mentre l’assistente si allontanava, dentro di lui continuavano a risuonare quelle parole.
“Potrà vederli”.
Prese in mano il telefonino, chiamò i suoi genitori e disse loro le stesse, identiche, parole: “E’ andato tutto bene. Ancora alcuni minuti e potrò vederli”.
Mentre chiudeva la conversazione, la stessa ragazza di prima lo chiamò, facendo capolino dalla porta socchiusa.
Andrea percorreva quello spazio con un passo incerto. Sapeva cosa lo aspettava e, in quel momento, ne era terrorizzato e felice insieme.
Oltre quella barriera, che per tutto il giorno si era frapposta fra lui e la sua felicità, vedeva ora tanti gruppi di persone  allegre, nelle orecchie il suono di bambini urlanti e la sua infermiera che si avvicinava a lui con in braccio un fagotto di stoffa, piccolo, bianco.
Lo prese tra le sue braccia e, con una probabile espressione ebete sul volto, ammirò il cucciolo d’uomo contenuto all’interno.
Vedendolo così, piccolo, addormentato, rosso in viso e tutto grinzoso, Andrea non poté fare a meno di chiedere “Starà bene?  Sarà tutto a posto?”.

Andrea continuava ad osservare, a studiare suo figlio; ne voleva assorbire ogni particolare, ogni movimento o suono. Ne guardava il respirare ritmico, il muovere nervoso delle mani chiuse; ascoltava i leggeri mugolii che pronunciava.
La voce dell’infermiera lo destò nuovamente.
“Fra pochi minuti sua moglie verrà portata nella camera. Mi dia pure il piccolo, lui deve andare in reparto. Più tardi ve lo porteremo.”
A malincuore Andrea riconsegnò il suo tesoro, ma sapeva che adesso era il suo pezzo di cuore ad aver bisogno di lui.
Giunto in camera , vide sua moglie che dormiva. Le accarezzò i capelli e le baciò la fronte.
Lei sorrise nel sonno.
Si quella era stata una giornata stupenda.

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. luca ha detto:

    la miseria se era lungo!! davvero bello però! immagino fosse la nascita di tuo figlio, giusto??

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  2. andreaferrari ha detto:

    Si, è il racconto della giornata in cui è nato Nicola

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  3. sonia ha detto:

    Come il solito, non mi smentisco mai io, e ti critico un po’..
    Mi sembra che tu adesso adotti periodi troppo corti e troppi salti di riga.
    Ogni pensiero volutamente diviso dal precedente.
    Non capisco questa tua scelta nel modo di scrivere e la trovo un po’ forzata e “dannosa”,perchè non lascia me-lettore libero di scorrere nelle tue sensazioni, appropriandosi pian piano del “suo Andrea-protagonista” ed invece è un procedere a scatti quasi, dei flash di sensazioni che non mi aiutano a trovare le sfumature e le atmosfere che vuoi comunicare.
    Ma bello il soggetto e lasciati andare..! che sei bravo
    Ciao Sonia

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  4. andreaferrari ha detto:

    Corretto l’impostazione grafica

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  5. BARBARA ha detto:

    BELLISSIMO ANDREA…..MI SONO VENUTI I BRIVIDI..CHE EMOZIONE…..DIREI GIORNATA INTENSA….AHAHHA….UN BACIONE DALLA BARBY…..
    DEVI PROVARE A SCRIVERE UN LIBRO….LO SO VERRA MERAVIGLIOSO…HAI UN SACCO DI SPUNTI INTORNO A TE E CON IL TUO MODO DI SCRIVERE VERRà UN BEST SELLER…….

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